Anziani in aiuto all'economia tra pensioni e spesa: si chiama silver economy e farà crescere il Pil

L'allungamento della vita media delle persone è una delle principali conquiste degli ultimi cento anni. Nonostante una crisi pandemica ancora in atto, medicine, vaccini, prevenzione e alta tecnologia hanno permesso sia di abbattere la mortalità infantile sia di vivere dignitosamente più a lungo. Come evidenziato dall’intervista al presidente dell’Istat in questa stessa pagina, la quota di popolazione anziana è crescente, specialmente in Italia. Non solo: dal 2013 al 2020 la proporzione di anziani con gravi limitazioni o in condizioni di multi-cronicità si è ridotta dal 54 al 48,8%. È evidente che sarebbe riduttivo, se non addirittura sbagliato, derubricare la cosiddetta silver-economy a un problema: anzi, è invece vero l’esatto contrario.

ADATTARSI AI CAMBIAMENTI

I problemi, semmai, riguardano l’incapacità delle istituzioni e della società di adattarsi ai cambiamenti. Se i sistemi pensionistici pubblici mandano in crisi i bilanci degli Stati, la responsabilità è dei politici che non hanno adeguato i sistemi di welfare obsoleti o ne hanno abusato per guadagnare consenso elettorale. Se l’allungamento della vita diventa invecchiamento della popolazione, ciò lo si deve all’incapacità di governi e mondo produttivo di dare una prospettiva ai giovani, che sempre più spesso decidono di emigrare senza tornare, e alle famiglie, bloccate se non addirittura penalizzate nelle loro scelte riproduttive. Tralasciando gli aspetti critici, che ci si augura siano ormai piuttosto noti, vale la pena di concentrarsi sulle grandi potenzialità che il fenomeno può portare. Potenzialità che non sono solo economiche. Innanzitutto, l’ovvio: vivere più a lungo e in buone condizioni fisiche è il sogno di chiunque. Forse una misura tradizionale (e anacronistica?) del nostro benessere, come il prodotto interno lordo (Pil), potrebbe non catturare il fenomeno; ma misure più moderne sì. Da dieci anni l’Istat misura indicatori di Benessere sociale (Bes), ormai recepiti anche dal Documento di economia e finanza (Def). Tra questi, la “speranza di vita in buona salute al momento della nascita”, che, per l’appunto, è cresciuta da 56,4 anni nel 2009 a 58,6 anni nel 2019, con punte di quasi 70 anni in provincia di Bolzano.

LO STUDIO

Anche per gli irriducibili fanatici della crescita economica, comunque, non difettano le buone notizie. Uno studio inglese del 2019, a cura dell’International longevity centre, sottolinea come, sotto determinate condizioni, l’aumento del potere di spesa delle generazioni più anziane può aumentare il tasso di crescita del Pil dal 2 fino all’8% in più nei prossimi decenni; si può quindi affermare che la silver-economy potrebbe avere un impatto e una persistenza sulla crescita economica addirittura maggiori del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E se questi sono gli effetti previsti in Gran Bretagna, dove le pensioni pubbliche sono decisamente molto basse, l’Italia sembra avvantaggiata. ll sistema pensionistico, per quanto a volte in maniera eccessiva, protegge più che adeguatamente gli anziani dal rischio povertà, anche – e anzi soprattutto – durante i periodi di forti crisi economica come quello attuale o come quello di dieci anni fa. Il 60% dei redditi pensionistici è superiore ai 1.000 euro netti mensili, il 40% addirittura superiore ai 1.500 euro. La spesa pubblica per pensioni vale circa il 30% del totale. Sempre secondo l’Istat, il rischio di povertà, cioè la percentuale di poveri all’interno della popolazione, decresce con l’età. Tanto è vero che mentre sotto i 64 anni il tasso di incidenza di povertà assoluta è salito nel 2020, quello per gli over 65 si mantiene sotto la media. La pandemia ha confermato questo fenomeno e anche il Censis ha recentemente rilevato questa tendenza: per due anziani su tre la propria condizione economica sarà migliore o uguale a oggi nel post pandemia, mentre questa fiducia crolla al 50% tra giovani e adulti. La disponibilità di risorse monetarie e di tempo libero porta, nella maggior parte dei casi, all’aumento dei consumi. E questi ultimi vengono rimodellati secondo un approccio decisamente meno aggressivo di una popolazione più giovane: viaggi, trasporti, cultura, vestiario, beni per la casa. Ma non sono solo i consumi che possono crescere o rimodellarsi. La buona disponibilità di risorse ma soprattutto la loro certezza, permette anche investimenti, soprattutto in campo immobiliare. Addirittura, secondo alcuni antropologi, un mondo più anziano è un mondo più pacifico, meno propenso alla guerra. E a proposito di industria militare, questa è stata spesso giustificata come laboratorio di forte innovazione tecnologica. E in effetti, se pensiamo alla diffusione di internet, nato proprio come piattaforma di comunicazione militare, la tesi appare almeno parzialmente convincente.

IL LABORATORIO

Ma con l’aumento della vita media e con la necessità di assicurare, o almeno di provare a farlo, condizioni di vita sempre migliori, questo destino di “laboratorio innovativo” potrebbe gradualmente passare proprio alla medicina. Cure a domicilio, a distanza, non invasive; chirurgia robotica; domotica: il salto dalla sanità alla vita di tutti i giorni è più vicino e probabile di quanto ci si possa aspettare. Infine, è inutile negarlo, una vita più lunga e sana significherà anche carriere lavorative più lunghe. Al di là dell’impatto psicologico di vedersi spostare in avanti l’età di pensionamento, ciò ha anche risvolti positivi. Innanzitutto, incentiva i giovani a formarsi meglio e più a lungo, per avere maggiori probabilità di accesso a lavori meno usuranti e meglio retribuiti. Secondariamente, permette interruzioni o cambi di carriera più semplici. Per esempio, rimettersi in gioco a 40 anni sarebbe stato impossibile anche solo trenta anni fa. Oggi invece non lo è più: una buona prospettiva anche per chi, per scelta o necessità, ha abbandonato il lavoro per seguire la propria famiglia. In conclusione, è duplice la sfida che attende la maggior parte dei Paesi sviluppati nei prossimi anni. Da un lato, imparare a comprendere e a misurare quale sarà l’impatto della silver-economy sulle nostre vite, sul nostro livello di benessere, sull’economia e sulle finanze pubbliche. Dall’altro, riuscire a governare questo fenomeno, così da sfruttarne tutte le potenzialità e da ridurne i rischi correlati. Una sfida, vale la pena di sottolineare, che riguarda per primo proprio il nostro Paese e che, anche per questo motivo, non possiamo permetterci di perdere.

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