Luigi Lovaglio, ad Mps: «Il momento del Monte è adesso o mai più. Al tavolo con il partner solo con pari dignità»

Luigi Lovaglio, il piano di ristrutturazione di Mps, che lei ha definito «chiaro e semplice», si basa su un modello di business focalizzato sull’attività commerciale che punta a una crescita sostenibile grazie allo sfruttamento del marchio e ai talenti interni. Una sfida ardita, peraltro in un contesto difficile.

«Proprio perché il contesto è difficile abbiamo concepito un piano che si focalizza su ciò che il Monte dei Paschi ha sempre fatto bene: la cura dei propri clienti. Le nostre professionalità e la grande presa sul territorio sono i fattori che consentiranno alla banca, forte di 550 anni di storia, di esprimere pienamente il suo valore e cogliere tutte le opportunità di crescita. Il momento per Mps è adesso e noi tutti lavoriamo per questo».

È in corso una radicale trasformazione del modello di sviluppo delle banche, proiettate sempre più sull’offerta di prodotti e servizi, sul credito al consumo, sul risparmio gestito, e sempre meno sull’attività tradizionale. Nel vostro piano la crescita delle commissioni al 2026 è del 4,8% mentre quella del margine di interesse del 4,5%, grosso modo la stessa. Non state andando controcorrente?

«L’attività tradizionale di una banca è raccogliere risparmi, soddisfare le esigenze di investimento e di protezione nel tempo dei clienti e supportare la realizzazione dei progetti delle famiglie e delle imprese. La differenza la fa il modo e i tempi con i quali si risponde alle esigenze dei clienti e la chiarezza e semplicità del tuo fare banca. Tutto ciò noi pensiamo di saperlo fare molto bene».

C’è chi sostiene che il piano sia realistico nei soli interventi sui costi, per effetto di 4mila esuberi, e sul patrimonio, per l’impegno del Tesoro sull’aumento di capitale di 2,5 miliardi. Dubbi sorgono sui ricavi prospettati e sui rischi. È forse per questo che il titolo in un mese è crollato da 0,80 a 0,52 euro?

«Noi crediamo fermamente alla bontà del piano. Si vuole dotare Mps di una redditività sostenibile nel lungo periodo che di necessità passa attraverso la semplificazione del gruppo, delle funzioni centrali e una maggiore capacità di generare ricavi dall’attività caratteristica. Saremo più agili, più veloci e ancora più vicini ai nostri clienti. Ciò significa saper parlare le lingue delle filiere dove le imprese producono e saper intercettare i bisogni delle famiglie che in quei territori vivono e lavorano. Ci consentirà anche di avere il polso della situazione sull’economia reale e di intervenire tempestivamente sulle leve del piano».

I sindacati chiedono che a fronte di due uscite ci sia un’assunzione, quindi il saldo netto degli esuberi sarebbe meno 2mila. Ciò potrebbe incidere sulle vostre proiezioni?

«Sono convinto che tutti abbiamo a cuore il futuro di questa banca, dei suoi dipendenti e dei suoi clienti. Al momento ciò che posso dire è che alleggerire in modo mirato la struttura è necessario. Ma ribadisco: ciò è indispensabile ma non sufficiente. Il nostro impegno è rivolto a riportare Mps una profittabilità sostenibile e duratura».

Gli analisti esprimono anche dubbi sulle previsioni di crescita della raccolta, sulla riduzione dei rischi e sull’aumento dei margini da ricavi. Essendo obiettivi qualificanti richiedono una forte dose di certezza.

«Che siano obiettivi qualificanti non c’è dubbio. E rientrano tra le leve per creare valore e far sì che la banca abbia la capacità di generare autonomamente capitale. Ebbene, sarà il rilancio della piattaforma commerciale a portarci su questa strada: 500 milioni di investimenti programmati nell’arco di piano ci aiuteranno a rendere tutto più credibile».

Il decollo della privatizzazione di Mps dipende dal via libera di Bruxelles e della Bce, può chiarire meglio le tempistiche di approvazione del piano e quali sono le ultime richieste di chiarimento della Vigilanza?

«Il confronto con la Bce è in corso. Contiamo di poter convocare l’assemblea per approvare l’aumento di capitale a inizio agosto per riunirla a settembre, dopo l’arrivo dell’autorizzazione. Sull’altro fronte il governo e la Commissione Ue hanno in corso un dialogo per la revisione degli impegni».

Sembra di capire che puntate molto su Widiba, la banca online. Ma avendo una propria autonomia, in che modo può incidere sul piano? È davvero essenziale per il rilancio di Mps?

«Widiba è una risorsa con un grande potenziale, è una delle prime challenger bank in Italia e in Europa per eccellenza tecnologica. Rappresenta una forte spinta sulla digitalizzazione che caratterizza il piano. È necessario che Widiba abbia un percorso di crescita indipendente nell’ottica di una sempre più puntuale consulenza a beneficio del gruppo. Gli investimenti per oltre 30 milioni sullo sviluppo dell’offerta digitale e della data intelligence e il miglioramento della user experience, porteranno a scala il suo modello di business».

Si dice che il piano si attagli bene a un partner come Unicredit, Bper o Bpm, è d’accordo?

«Il nostro obiettivo primo è restituire alla banca il valore che merita, diventando così oggetto di attenzione per gli investitori quando lanceremo l’aumento di capitale. Poi, al momento opportuno, ci potremo sedere al tavolo con pari dignità rispetto a coloro che vorranno avviare un dialogo sulla base di un progetto di crescita da proporre agli azionisti».

Il ministro Daniele Franco non ha escluso un partner estero: il piano è compatibile con un merger internazionale?

«Mps è una banca che può esprimere un gran valore nel sistema bancario italiano e anche su scala europea. Il piano è compatibile con un progetto industriale valido, che sia nell’interesse del territorio, valorizzi il marchio e riservi la giusta attenzione al capitale umano di talento su cui la nostra banca può contare».

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